Comunità Amica dei Bambini Ancona
Protocollo Alimentazione complementare ( Divezzamento)
DEFINIZIONE
Con il termine di alimentazione complementare o di svezzamento si intende l’introduzione nella dieta del lattante di nutrienti diversi dal latte sia esso materno o artificiale.
Tale integrazione si rende necessaria per motivi di tipo nutrizionale (aumento del fabbisogno calorico, di ferro e vitamine, di proteine diverse) ma anche per garantire al lattante esperienze alimentari (di gusto, consistenza, formato e modalità di assunzione) differenti dall’alimentazione esclusivamente liquida del solo latte. Integrazioni necessarie quindi per garantire una crescita ottimale sia ponderale ma anche neuro-sensoriale.
ETA’ DI INIZIO
Molte società scientifiche di area pediatrica e organizzazioni internazionali che si occupano della salute infantile hanno emanato delle raccomandazioni sulle modalità più opportune per garantire al lattante i giusti fabbisogni ed al tempo giusto. Purtroppo tali raccomandazioni non sono completamente uniformi e generano talvolta qualche imbarazzo negli operatori che si confrontano con i genitori in questo passaggio importante del 1° anno di vita del bambino.
C’e consenso nel definire l’allattamento materno al seno come la miglior modalità per alimentare il bambino e nel considerare il latte artificiale come un’alternativa possibile solo in assenza documentata di latte materno. Il latte materno è ritenuto unanimemente un alimento completo e sufficiente a soddisfare i fabbisogni nutrizionali del bambino in maniera esclusiva fino all’età di 6 mesi compiuti. Unanimemente si raccomanda di proseguire con l’allattamento al seno a richiesta ed in modo complementare (cioè in associazione con altri alimenti ) anche oltre i 6 mesi, fino a 2 anni e oltre, se mamma e bambino lo desiderano.
Da un punto di vista nutrizionale non vi è alcuna necessità a somministrare nuovi alimenti prima del 4° mese di vita compiuto. E’ possibile iniziare l’introduzione di cibi solidi o semisolidi tra il 4°- 6° mese qualora se ne ravvisi la necessità, con la consapevolezza che un divezzamento precoce può interferire negativamente sul proseguimento dell’allattamento al seno.
Probabilmente la raccomandazione più corretta è quella di personalizzare l’inizio dello svezzamento in base alle caratteristiche di crescita (di peso e neuro-motorie) del bambino e di tener conto anche delle esigenze dei genitori (ritorno all’attività lavorativa della madre, abitudini alimentari e culturali diverse).
E’ consigliabile evitare indicazioni troppo rigide sul momento nel quale introdurre i cibi solidi, stimolando invece i genitori ad individuare autonomamente il periodo migliore per il loro bambino.
Ogni bambino è diverso, ma ci sono 3 chiari segnali che, insieme, mostrano che il bambino è pronto per gli alimenti solidi:
- riesce a stare seduto e a tenere la testa dritta;
- riesce a coordinare occhi, mani e bocca, cioè può guardare il cibo, prenderlo e portarlo alla bocca da solo;
- riesce a deglutire il cibo proposto con il cucchiaino.
Inoltre, altri due segnali importanti sono:
- mostra interesse verso il cibo degli adulti;
- sa far capire con i suoi gesti quando ha fame e quando è sazio (apre la bocca verso il cucchiaio quando ha fame, chiude la bocca e gira la testa di lato quando è sazio).
NOTA
Non tutti sono in accordo nel fissare una data rigida (6 mesi compiuti) al di sotto della quale è sconsigliato somministrare al bambino cibi diversi dal latte. Alcune recenti raccomandazioni, non ancora accettate dalle principali società scientifiche, considerano vantaggioso sottoporre al bambino altri alimenti oltre al latte a partire dall’età di 17 settimane per sfruttare al meglio la capacità di tolleranza di nuovi alimenti che alcuni studi recenti individuano nella fascia temporale compresa tra le 17 e le 26 settimane di vita. Il singolo pediatra valuterà, in base alla forte familiarità per atopia, se anticipare piccoli assaggi di cibi solidi.
COME?
Anche sulle modalità di preparazione e somministrazione del cibo è utile evitare indicazioni troppo rigide e schematiche, favorendo nei genitori l’impiego delle loro tradizioni/abitudini alimentari e l’osservazione delle preferenze del bambino; in questo modo l’introduzione dei cibi nuovi potrà avvenire in maniera personalizzata, favorendo nel bambino l’educazione al gusto in sintonia col quella del nucleo familiare.
E’ possibile sostituire un intera poppata con un pasto solido completo, oppure affiancare al pasto di latte piccole quantità di alimenti solidi o semisolidi (uno – due cucchiai/die), offrendo in questo modo con gradualità un nuovo pasto.
Molti consigliano di condividere con i piccoli gli stessi alimenti dei genitori, adeguatamente spezzettati. Ovviamente questa è una occasione privilegiata per il pediatra per fornire informazioni su una alimentazione corretta per tutta la famiglia, dalla quale dipenderanno le abitudini future dei bambini.
E’ opportuno offrire alcune indicazioni pratiche ai genitori:
-la frutta è a tutti gli effetti un alimento e come tale rappresentare già una forma iniziale di divezzamento; non esistono al momento dimostrazioni scientifiche che indicano l’utilità di somministrare frutta nei primi mesi di vita. E’ utile inoltre considerare lo scarso potere nutritivo di questo alimento che non può pertanto sostituire una poppata.
-quando il bambino non è ancora capace di deglutire in maniera efficace, il cibo viene spinto in avanti dalla lingua piuttosto che indietro: i genitori non informati potrebbero interpretare questo comportamento come un rifiuto del cibo o addirittura come una forma di intolleranza alimentare.
-eccesso di sale e zuccheri semplici non dovrebbero essere aggiunti agli alimenti sia per motivi nutrizionali sia per evitare di condizionare il gusto del bambino; anche le bevande dolcificate, oltre a favorire le carie, possono interferire sull’educazione al gusto.
– è opportuno introdurre gradualmente nuovi alimenti sia per poter osservare possibili reazioni di intolleranza a quel particolare alimento sia per abituare il lattante ad un nuovo gusto.
-non è utile insistere per forzare l’accettazione di un determinato alimento se questo non è gradito: quello che il bambino non vuole oggi, può essere accettato un altro giorno.
-è utile informare i genitori per assicurare una adeguata nutrizione in quanto un eccesso di calorie a questa età può facilitare l’insorgenza nell’età successiva di malattie come l’obesità.
-occorre sempre rispettare l’appetito del bambino, cercando di interpretare il suo comportamento.
-è meglio evitare di prescrivere una quantità precisa di un dato alimento. Il timore è che il genitore interpreti il suggerimento alla lettera insistendo ad offrire cibo anche quando il bambino è sazio, pensando che l’apporto nutritivo sia insufficiente; il bambino che mangia quantità ridotte di pappa, compenserà le proprie necessità attraverso l’allattamento.
-uno schema rigido (riguardo alla quantità e alla scelta degli alimenti) rischia di favorire nel genitore una stretta osservanza allo schema stesso impedendogli di osservare correttamente i segnali comportamentali del bambino (vero indicatore della adeguatezza qualitativa e quantitativa del cibo offerto).
-bisogna evitare che il cibo semisolido venga somministrato attraverso il biberon; questa pratica, oltre ad impedire al bambino di imparare a mangiare da solo, provoca un’inutile confusione tra l’azione del deglutire e quella del succhiare. Chi non è in grado di mangiare con il cucchiaino, non è pronto per lo svezzamento.
-la sequenza di introduzione non è critica; non è necessario iniziare con un alimento piuttosto che con un altro. Si può lasciare libertà al genitore di gestire autonomamente la sequenza dei nuovi alimenti da introdurre in base alla propria esperienza, abitudine e cultura. E’ invece necessario raccomandare di variare gli alimenti per avere una corretta distribuzione di carboidrati, proteine e lipidi.
-la pappa unica (comoda nella preparazione e nella somministrazione) non è l’unica modalità utilizzabile: le portate separate possono offrire una esperienza gustativa molto coinvolgente per il bambino e favorire l’uso delle mani per portare il cibo in bocca.
-è molto importante che il bambino possa toccare il cibo, portandoselo alla bocca da solo con le mani o usando il cucchiaino; anche l’uso del bicchiere o della tazza andrebbe incentivato prima possibile.
-anche per un bambino piccolo il pasto deve rappresentare una attività piacevole e interessante; per questo il cibo dovrebbe avere colore, odore e sapore gradevole e stimolante. Un menù vario, oltre ad essere meglio accettato, favorisce l’educazione al gusto.
-per le famiglie provenienti da Paesi con abitudini alimentari molto diverse dalle nostre, è opportuno incentivare l’uso di cibi tradizionali, considerando che negli anni successivi il bambino assumerà i cibi della propria famiglia.
Riferimenti bibliografici
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